Il Mistero celebrativo


Ogni mistero, pure quello a livello prettamente umano, si cela da sé da un lato, e dall’altro viene celato, mantenendo in queste due fasi che potremmo definire la sistole e la diastole del progresso vitale universale la caratteristica della fede.

Fede in qualcosa di sé o fuori da sé, fede in qualcuno vicino o lontano da sé.

Sta di fatto che il rito gioca la sua partita in questa situazione concreta di base, che poi riveste di un alone mistico, rituale e un cerimoniale volti a innalzare verso il cielo, l’ideale e la speranza ogni realtà che si accosti al terreno del mistero.

In questo gioco la tattica è decisa dal percorso umano e storico, fatto di alti e bassi, gioie e dolori, accordi e disaccordi, pace e guerra, e ha come conseguenza la produzione del rituale ripetuto  nel suo standard e in seguito arricchito dall’esperienza della festa, che potremmo definire come la revisione e la riproduzione dell’evento stesso.

L’atteggiamento umano orizzontale e verticale si amplifica con il corso della storia, attingendo ora qua ora là per arricchire in rito e in valore l’azione celebrativa volta a giustificare domande e risposte che emergono dal tessuto vitale quotidiano.

Il perno attorno a cui si svolge questa progressione/processione dell’atto celebrativo potremmo trovarla nella ricerca dell’essenziale, di ciò che conta di più, in fin dei conti, per l’umano e per il divino.

Esprimendo l’essenziale nella celebrazione il pericolo che si rivela pian piano può essere la ricerca dell’accessorio e della vivacità, oppure il contrario, la stretta osservanza del rito stesso, che riduce a fredda e marmorea la partecipazione allo stesso.

Sia in un caso che in un altro l’essenziale viene dato per scontato e non recepito come parte viva dell’umano, riscontrando nei partecipanti alla celebrazione il senso della crisi e della pesantezza, e in chi vede da fuori una realtà non affatto contagiante, non interessante. Ed è proprio l’interessante della celebrazione la chiave della ripresa e della apertura al mondo dell’umano, evitando alla celebrazione anche la più bella di essere racchiusa in sé e in niente al di fuori da sé.

L’essenziale e l’interessante sono le realtà gemellari da riprendere in considerazione, per superare non tanto la crisi nel futuro della celebrazione, ma per recuperarne il valore pieno, massimo e ottimo nel presente.

La difficoltà posta dal tranello della mentalità del mondo di oggi è data dal fatto di superare la logica del bello e del piacevole come misura e termometro della validità celebrativa: anche la più scarna celebrazione, se interessante e essenziale nel suo riferimento, può illuminare la situazione la più critica rendendola pienamente aderente al mistero, e quindi alla sua radice nell’umano, raggiungendo così tutto e subito il suo obiettivo.

Ogni rito, iniziando da quello umano fino a quello attribuito al divino, ha urgente bisogno oggi di questo esame di coscienza, per ridare al passo umano la certezza che ogni tipo di sacralità vissuta a partire dal cuore, dalla mente e dall’animo umano è la via certa e serena del progresso universale.

AL DI LA' DI ME...

Stare sulla soglia è ormai sempre più l’atteggiamento che ognuno di noi è tentato di avere nelle occasioni che passano davanti alla soglia della nostra vita. Stare a guardare e non decidere, aspettando cosa fanno gli altri, vedendo che cosa succede, lasciando che siano altri - chissà poi chi - a decidere per noi. Lo stare sulla soglia non riguarda solo alcuni momenti, ma ormai anche tutti gli aspetti della vita sociale, religiosa, famigliare, personale. Non siamo più capaci di andare oltre, di deciderci, di partecipare, di intervenire, e rimaniamo sulla soglia a osservare, ad attendere…e vedremo che cosa poi succederà.

Ma intanto le paure e i timori, le incertezze e i dubbi, i tentennamenti e le illusioni hanno già fatto succedere in noi la condizione di deformarci in un’ identità diversa dalla nostra: non siamo più noi stessi: siamo ormai le persone della soglia, che stanno sempre più in bilico, in un pericoloso equilibrio che si trasforma in compromesso, in anonimato e in indifferenza…tutte cose che si accrescono sempre più, pesandoci addosso, seppellendoci.

La scommessa vitale, pasquale, resurrezionale, rasserenante me e tutto attorno è lasciarmi condurre al di là di me, oltre la soglia del mio non essere ancora pienamente io. Già!… Ma chi, o che cosa mi può aiutare a decidermi per iniziare a fare io il primo passo?

La tomba. La mia tomba vuota. Il mio essere tomba vuota di me. Mi manco! Non ci sono!

Proprio così: osservando bene questa soglia, che sta per farmi trasformare in tomba di me stesso, proprio questo esame della coscienza sul mio essere finito sulla soglia, da qui scatta la decisione di fare il primo passo, di superare la soglia mortifera e mortale di tutto. Riprendendo l’energia per la vita, per la resurrezione, per riuscire a uscire dalla situazione della morte, ed essendo così in grado di affrontare la vita e la morte non come due cose a sè stanti, ma come due gemelle, due facce della stessa medaglia, due tasselli di un unico puzzle, due momenti che si ripresentano giorno per giorno, mentre io vado avanti con i miei passi, per un cammino nuovo, rinnovato e rinnovante, per me, per tutti, e per tutto.

La soglia, come la tomba vuota, non sono che provocazioni: se non esaminate, mi deformano a loro immagine, facendomi morire in ogni situazione; ma se considerate prove per me, renderanno a me stesso la vocazione del mio essere io, aiutandomi – nella buona e nella cattiva sorte – a procedere sempre più verso quella serenità che la vita mi dona, ogni giorno, sempre più di ieri e sempre meno di domani…e proprio verso là: al di là di me.

COSCIENZA CORRENTE & CORRENTE INCONOSCENTE

Lo scorrere della corrente della coscienza è fondamento della saggezza umana.
Fermare la coscienza come energia non è possibile, in quanto ogni interruzione crea un blocco peccaminoso che fa da ostacolo all'identità della persona, inquinando la stessa coscienza ad effetto di boomerang.
 
La coscienza resa conoscenza è possibile solo a un 10% della sua trasformazione, in quanto oltre questo indicativo margine si invaderebbe con l'intelletto la sfera del mistero che in quanto tale resta una energia sempre in evoluzione e quindi impenetrabile in modo fisso, impossibile quindi di conseguenza ad essere oggetto di indagine e di approfondimento.
Solo lo scorrimento dell'energia corrente e incosciente della coscienza garantisce alla piena umanità della persona di irradiarsi, di essere recettiva, e quindi di rigenerarsi, accedendo al progresso di sé e di tutto attorno.
 
La saggezza in fin dei conti dista alquanto dalla conoscenza alla sua radice, in quanto attinge a una forma di energia non destinata a farsi nota e esaminabile oltre la sua coltre superficiale.
Ogni tentativo che miri a rendere intellegibile e razionabile la saggezza è destinato a far finire in emorragia la stessa ricerca del senso.
Mentre, per assurdo, accettando come limite della conoscenza l'emorragia del senso di ogni cosa, si può accedere all'esperienza della coscienza come energia corrente, rinnovante e progressiva.
 
In questo senso, ogni percezione del limite a livello di coscienza e non di conoscenza, attiva il progresso umano, mentre la possibilità esaltata in sé stessa porta come conseguenza la deformazione dell'identità umana e dell'universo, al senso quindi della delusione e alla stanchezza, alla sfinitezza di una ricerca che ha come oggetto soltanto illusioni e chimere.
La coscienza corrente - accolta in sé,in modo naturale e senza artificio - è quindi una corrente inconoscente, che rispettata come mistero, garantisce il progresso e l'equilibrio universale.

Phisiolophia & Phisiosophia

La differenza tra il concetto del sale e il suo sapore...
Provare l'esperienza e non limitarsi all'idea.
Amalgamare l'idea con la sua saggia applicazione.
Esercitare la filosofia a farsi esercizio saggio.
Esercitare la saggezza a produrre un percorso saporoso.
Tutto ciò che è astratto non ha senso, finchè non ci metti il sapore.
Tutto ciò che ha sapore, senza un senso, dove finirà?

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

L'esercizio della filosofia diventa attività interessante come un amante.
La palestra dell'interesse genera mostri se non ha la filosofia,...se c'è, rinasci tu.
La saggezza incarnata ha sempre bisogno della garanzia della libertà, e le viene dalla filosofia.
La filosofia, per essere incarnata, ha sempre bisogno di un interesse che le faccia da motore ardente, e questa è la sapienza.

GUSTARE E VEDERE...

Vanno passo dopo passo sul cammino della vita, nel nostro crescere.
L'alimento è il gusto, l'appetito è il vedere.
Si accompagnano in simbiosi, sempre uniti e sempre diversi.
Come una trinità: io, la vista e il gusto.
Io, l'intelligenza e la sapienza.
Un tutt'uno, una diversità.

_______________________________(Dagli Esercizi Ignaziani)

Lettera dal fronte...

Cara mamma,

scriverti da questo fronte maledetto è un’impresa quasi come la paura della guerra, che ci blocca in ogni momento e ci impedisce di fare con un sereno autocontrollo di noi stessi quello che vorremmo.
Qui a comandarci e a condizionarci è sempre il timore…che arrivi improvviso un ordine, un contrordine, un disguido o un ostacolo che impedisca a noi, e prima ancora a chi ci comanda, di procedere in serenità. 
Quella serenità che sogno adesso in queste poche righe frettolose, che ho una voglia matta che giungano a destinazione, anche se su questo nutro già il timore che io scriva per nulla.
Ma come mi hai insegnato sempre tu, cara mamma, il nulla porta sempre a qualcosa, non è il niente e basta.
Ed ecco perché anche in questo nostro nulla di bello, nulla di pace, nulla di valido e di sereno, trovo ancora la forza della speranza e del procedere.
Qui, cara mamma, ci lascio le penne, me lo sento.
Ma il peggio di tutto non è il perdere d’improvviso la vita, ma il chiedersi e il non trovare il perché di questa guerra, di questo sangue, di questa divisa, di questa patria che svanisce assieme al tempo che sfugge a tutti i progetti dei sogni.
Solo tu mi resti, cara mamma, a fare da insegna alla patria, da bandiera del coraggio, da speranza nelle tenebre.
E dov’è finito in questi giorni quel Dio che mi hai sempre insegnato a vedere accanto a noi, nella gioia, nel dolore, nel bene e nel male?
Questo dannato inferno sembra essere privo di Lui: non lo vedo, non lo sento, non lo tocco, non mi emoziona più, da quando il mio sguardo è stato esercitato ad essere sempre più prudente, guardingo e crudo, e sempre meno semplice...
Ora, mentre ti scrivo queste cose, cara mamma, questo Dio pare essere lì, dietro la tua immagine immaginata da me, dietro questo sogno che è sfuggito per un momento alla realtà, e in questa cuccetta dove sono, mi pare di essere meno ancora di quel cagnolino che tenevo sempre con me nei miei giochi da bambino…
Cara mamma, qui non si gioca più alla guerra, come mi illudevano all’inizio: qui si muore, prima ancora di morire fisicamente!
La notte ci ascoltiamo gli uni gli altri, nei nostri pianti, assimilati dalle nostre illusioni deluse, dalle nostre amarezze e dalle incertezze…e le foto delle ragazze ammirate in penombra ci pesano sempre più tra le mani tremanti, e ridiamo stringendo i denti per non piangere e disperarci…
Ciao, mamma, ritorno al fronte della morte, assistimi, proteggimi, ricordami che sto morendo come figlio tuo, accolto tra le tue braccia, come quando mi sussurravi la ninna nanna,,,e cc o, mamm a,e cco, una boma ci e crolata dnetro,ades o,cia ao.u nnbbaacciiooooooo.òpnò,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,,  

L'umiltà

Quando quindi ci troviamo giù, afflosciati, spenti, è il nostro egoismo che ci ostacola, che ci annichilisce, ci tormenta.
Ora a questo turbarci lo psicologismo risponde come contrattacco con iniezioni di autostima che invece di risollevarci amplificano il nostro ego-ismo effondendo nell’area delle relazioni affettive ed interpersonali molecole e microparticelle sospese di energia di prepotenza.
Ed allora come riportarci dall’Ego-ismo all’Ego senza l’"ismo"?
C’è un antibiotico spirituale molto potente che si oppone all’"ismo" ed appena si innesca l’ismo scappa, fugge via, batte ritirata: è la signora Umiltà.
Tutti noi possediamo questa materia prima, ma bisogna trasformarla in prodotto finito per agire nell’infinito.
Come si attiva l’umiltà?
Annullando se stessi, ovvero facendo morire il proprio Io presente contaminato dall’"ismo".
Bisogna commettere quindi questo 'Egocidio' con l’arma dell’Umiltà.
Ecco, l’umiltà è un’arma potente, una bomba atomica, che ha la seguente caratteristica: uccidere l’Io con tutti gli ismi per poi risorgere "entro il terzo giorno".
La paura nell’uso di questa arma è che 'per tre giorni' muore anche l’Io ovvero anche la nostra parte buona, la nostra identità, il nostro carattere fisiologico ed è per questo che abbiamo paura perché pensiamo di perderci per sempre annullandoci, ovvero praticando l’Umiltà, l’annullamento, la distruzione del Sé.
Pensiamo che non può più risorgerere il nostro Io.
Non abbiamo Fiducia nel compiere questo esercizio, questa ginnastica chiamata Amore.
Ci blocchiamo su questo confine e così andiamo avanti per anni ed anni, perché preferiamo tenerci l’ismo, e non vogliamo morire per risorgere, abbiamo paura a morire, e ci annichiliamo.
Speriamo in un farmaco dello psicologo, cerchiamo la chimica, ma non c’è verso, e continuiamo ad essere infelici; ma abbiamo tutto, non ci manca niente, ma allora?
E’ colpa degli altri, diciamo.

Ciao a tutti dal phisiolopho – adesso sta bollendo la pentola e devo buttare la pasta - ed a presto per altri spunti phisiolophici.

(Il Phisiolopho I)